Enzo Biagi (Lizzano in Belvedere, 9 agosto 1920 – Milano, 6 novembre 2007) è stato un giornalista, scrittore, conduttore televisivo e partigiano italiano. È stato uno dei volti più popolari del giornalismo italiano del XX secolo.
Avrei fatto il giornalista anche gratis: meno male che i miei editori non se ne sono mai accorti.
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Buonasera, scusate se sono un po’ commosso, e magari si vede. C’è stato qualche inconveniente tecnico e l’intervallo è durato cinque anni. C’eravamo persi di vista, c’era attorno a me la nebbia della politica e qualcuno ci soffiava dentro. Vi confesso che sono molto felice di ritrovarvi. Dall’ultima volta che ci siamo visti sono accadute molte cose e per fortuna qualcuna è anche finita. Ci sono momenti in cui si ha il dovere di non piacere a qualcuno, e noi non siamo piaciuti. (dal programma RT – Rotocalco Televisivo, 22 aprile 2007) [Aprendo la prima puntata della trasmissione, dopo 5 anni di assenza dalla televisione]
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Complimenti, cavalier Berlusconi; c’è poco da dire, è il più svelto della compagnia. Se i padri dell’Europa, dicevano, sono De Gasperi, Schuman e Adenauer, il dottor Silvio è lo zio. È lui che ci unirà con l’etere: Italia, Francia, Spagna, che ormai ci sta arrivando, perché la vera Internazionale socialista la fa lui. Dove comanda un autorevole compagno di Craxi, arriva un’antenna di Berlusconi. (citato in L’Italia vista da Central Park, la Repubblica, 28 novembre 1985)
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Considero Berlusconi un politico, come dire, un po’ di accatto, un signore che ha fatto la politica perché questo gli ha permesso di attraversare un momento di crisi personale. Lo dico perché me l’ha detto lui: mi ha detto che doveva entrare in politica perché lo facevano saltare per aria, e aveva avuto anche delle noie di tipo giudiziario. (dal documentario Citizen Berlusconi)
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Considero il giornale un servizio pubblico come i trasporti pubblici e l’acquedotto. Non manderò nelle vostre case acqua inquinata. (dall’editoriale del primo giorno di direzione, Resto del Carlino, 1971)
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[Su Vittorio Gassman] Di lui hanno detto tutto. Gigione, antipatico, incostante, infantile, ingombrante, matto e mattatore. L’elenco delle sue donne sembra quello della Stipel. Impianta un teatrino da principi e un tendone da proletari. Cinico, egoista. Ha tre figli da tre mogli. Passa da Canzonissima a Dostoevskij. Gli piace bere, gli piacciono le belle brigate. Non ha il senso del denaro. Fa sempre notizia. Suppongo che la cosa non gli dispiaccia. È ironico, anche con sè stesso. Impossibile imbarazzarlo: i suoi sbagli sono, in fondo, le sue decorazioni.
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E quando le mie figlie all’università mi parlavano di Che Guevara, io rispondevo: «A me bastano i fratelli Rosselli». Nello e Carlo erano ricchi, ebrei, sono morti ammazzati da parte di sicari fascisti per le loro idee di libertà. (da Consigli per un paese normale)
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È bello e giusto che Roberto Benigni racconti sullo schermo Pinocchio, perché anche lui sembra inventato da Collodi: certamente è stato compagno di Lucignolo.
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[Su Michelangelo Antonioni] È considerato con Fellini e Visconti uno dei tre “grandi”.
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[Su Enrico Berlinguer] È uno dei pochi politici che mantiene la parola data.
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[…] Eduardo, che odia il Vesuvio, le canzonette, le cartoline, e che ha distrutto con le sue parole spesso acri, con le sue immagini appannate dallo sconforto, la retorica della felice città del sole. (da Italia, p. 177)
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Fra poco sarà il 25 aprile. Una data che è parte essenziale della nostra storia: è anche per questo che oggi possiamo sentirci liberi. Una certa Resistenza non è mai finita.
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[…] Gandhi, questo asceta fragile, dal sorriso gentile, che va in giro drappeggiato in un lenzuolo, e camminando da villaggio a villaggio, ha conquistato, con la parola e con la suggestione di una limpida vita, milioni di cuori. (da Testimone del tempo, p. 136)
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Hanno voluto dedicare un libro ai cento uomini più importanti del mondo. C’è anche lui. Negli Stati Uniti lo chiamano “Michelangelo”. Basta così.
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Ho fatto la mia parte. Direi che è l’anagrafe che mi condanna, prima di tutto. Ho netta la sensazione di essere un superstite di tanti diluvi. Per il resto, ho fatto il mio mestiere, a cui debbo tutto. Sono figlio di un operaio morto giovane, con la grande tristezza di essere vice-magazziere. Non è mai diventato magazziniere. Pensa i tipi di ambizioni e che frustrazioni ci sono in noi, e di che cosa si può soffrire: anche di questo.
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I nonni sono questa specie di tollerante rifugio dal quale si può sempre andare.
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[Commentando le dichiarazioni di Berlusconi del 18 aprile 2002 a Sofia, note anche come “editto bulgaro”] Il presidente del Consiglio non trova niente di meglio che segnalare tre biechi individui: Santoro, Luttazzi e il sottoscritto. Quale sarebbe il reato? […] Poi il presidente Berlusconi, siccome non intravede nei tre biechi personaggi pentimento e redenzione, lascerebbe intendere che dovrebbero togliere il disturbo. Signor presidente, dia disposizioni di procedere perché la mia età e il senso di rispetto che ho verso me stesso mi vietano di adeguarmi ai suoi desideri […]. Sono ancora convinto che perfino in questa azienda (che come giustamente ricorda è di tutti, e quindi vorrà sentire tutte le opinioni) ci sia ancora spazio per la libertà di stampa; sta scritto – dia un’occhiata – nella Costituzione. Lavoro qui in Rai dal 1961, ed è la prima volta che un Presidente del Consiglio decide il palinsesto […]. Cari telespettatori, questa potrebbe essere l’ultima puntata del Fatto. Dopo 814 trasmissioni, non è il caso di commemorarci. Eventualmente è meglio essere cacciati per aver detto qualche verità che restare al prezzo di certi patteggiamenti. (dalla trasmissione televisiva Il Fatto, 18 aprile 2002)
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[Sul “decreto-Berlusconi” inerente le televisioni promulgato da Bettino Craxi] In tutta la faccenda, il solo che ha esercitato il suo mestiere legittimamente, e che non può essere accusato che di eccesso di efficienza, è il dottor Silvio Berlusconi, che ha creduto nelle possibilità dei “networks”, e si è buttato con una dedizione al limite del fanatismo. È un tipo tanto bravo che è capace di giocare una partita a tennis da solo, e anche di vincerla. Berlusconi ha scelto bene sia i programmi come i protettori: ha comperato quando gli altri vendevano, facendo anche la parte del salvatore. Proprio così. Ha visto davanti a sé la terra di nessuno, e forse c’era chi provvedeva a mantenerla sgombera, e l’ha occupata: dove sta la colpa? Se esistono, e ci sono, responsabilità, sono tutte della classe politica: che per furbizia, per lassismo, per incapacità (o per interesse) ha lasciato fare. Cinque ministri delle Poste non sono stati capaci di un gesto risolutivo o di dimettersi. In ogni parte del mondo, è il codice che disciplina le attività: in questa Repubblica accade il contrario. Prima si agisce, poi si stabilisce la norma. (da Viva Dinasty e viva la libertà, la Repubblica, 25 ottobre 1984, p. 8)
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La democrazia è fragile, e a piantarci sopra troppe bandierine si sgretola.
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Modugno è famoso a Tokyo come a New York; nel Pakistan una nostra delegazione fu accolta da un orchestrina che con Volare intendeva richiamare ai graditi ospiti la cara patria lontana. Egli ha fatto, per la diffusione della nostra lingua, un’opera degna della Dante Alighieri: Ciao, ciao bambina è un’espressione largamente usata ovunque: e potete immaginare come, questo efficace esperanto, possa facilitare i rapporti tra i popoli. […] Signori, dobbiamo non poco a Modugno. Tutto ciò che egli fa è poi tanto italiano: italiano è il suo aspetto, italiana la sua ispirazione. Chioma e sospiri sono italiani, gesti e sgomenti sono italiani: esasperati, scatenati, eccessivi, dilaganti. Modugno non appare sul teleschermo, lo occupa; non canta i suoi motivi, li impone; non vi invita ad ascoltarlo, ve lo ordina. Ve lo ordina con i capelli, gli occhi, i baffi, le mani: è fortissimo e prepotente. (da Epoca, 25 ottobre 1959)
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[Su Mariano Rumor] Montanelli lo ha definito “un trapezista”. Gigi Ghirotti, suo biografo, informa che “i giornali lo descrivono morbido, affettuoso, sfumato, guardingo, tergiversante, duttile, colorito, garbato”. C’è da scegliere.
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[Negli Stati Uniti] non si conosce la storia di un negro ricco. Forse Sammy Davis Jr., ecco, il cantante ballerino, è il solo, a quanto ne so, che ce l’ha fatta, e ha vinto tutti gli ostacoli possibili: negro, ebreo, senza un occhio, brutto, ha fatto una montagna di dollari. (da Testimone del tempo, pp. 112-113)
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[Su Roberto Benigni] Per me, lo scrivo senza imbarazzo, è un genio. Dopo Federico Fellini un altro personaggio da esportazione.
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Ragazzi, siete liberi di scrivere quello che volete. Ma sappiate che l’editore di questo giornale si occupa di petrolio e di zucchero. Perciò, se vi capitasse di scrivere di questi due argomenti, vi prego di informarmi. (dal discorso ai neoassunti al Resto del Carlino, quando era direttore; citato in Marco Guidi, Lavorare con Biagi? Un’esperienza unica, Giornalisti Emilia-Romagna, n.° 70, dicembre 2007)
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Se Berlusconi avesse le tette farebbe anche l’annunciatrice. (citato in Carlo Macchitella, Il gigante nano: il sistema radiotelevisivo in Italia: dal monopolio al satellite, RAI-ERI, 1985)
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Sono un giornalista che ricorre, con una certa frequenza, alle citazioni: perché ho memoria e perché ho bisogno di appoggi: c’è qualcuno al mondo che la pensava, o la pensa, come me. (dalla presentazione a Enciclopedia delle citazioni)
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Sto dall’altra parte, quella che simpaticamente il premier ha definito «coglioni». Credo che tutti i giovani, figli di ricchi o di poveri, debbano avere gli stessi diritti allo studio e uguali possibilità nell’affrontare la vita; credo nella magistratura, nella sua indipendenza, e che tutti possano difendersi qualunque sia il conto in banca, quindi non credo alle trame; credo nella libertà di espressione, cioè giornali e televisioni liberi di criticare il potere; credo che non debbano esserci prevaricazioni né leggi ad personam, per sé, familiari o amici; credo che la pace debba sempre vincere sulla guerra; infine credo che non si debbano imbarcare fascisti e neonazisti per un pugno di voti. Non mi fido di chi ha avuto cinque anni e li ha spesi male. E non ho mai sopportato quelli che fanno promesse e non le mantengono. (da Riflessioni su un dovere, Corriere della sera, 9 aprile 2006, p. 1)
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[Tommaso Buscetta] Sembra strano, ma ho perso un amico. Probabilmente non mi ha detto tutto, ma sono anche sicuro che non mi ha mai mentito. Adesso gli sia concessa la pace. (citato in È morto Tommaso Buscetta, la Repubblica.it, 4 aprile 2000)
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[Su Calciopoli] Una sentenza pazzesca, e non perché il calcio sia un ambiente pulito. Una sentenza pazzesca perché costruita sul nulla, su intercettazioni difficilmente interpretabili e non proponibili in un procedimento degno di tal nome. Una sentenza pazzesca perché punisce chi era colpevole solo di vivere in un certo ambiente, il tutto condito da un processo che era una riedizione della Santa Inquisizione in chiave moderna. E mi chiedo: cui prodest? A chi giova il tutto? Perché tutto è uscito fuori in un determinato momento? Proprio quando, tra Laziogate di Storace, la lista nera di Telecom, poi Calciopoli, poi l’ex Re d’Italia ed ora, ultimo ma non ultimo, la compagnia telefonica Vodafone che ha denunciato Telecom per aver messo sotto controllo i suoi clienti. Vuoi vedere che per coprire uno scandalo di dimensioni ciclopiche hanno individuato in Luciano Moggi il cattivo da dare in pasto al popolino? (da Il Tirreno, 16 agosto 2006)
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[Su Emilio Colombo] Una volta andava d’accordo con l’amico Mariano; adesso fa gruppo con l’amico Giulio. Ma invece di stare a Palazzo Chigi, dove avrebbe gli uffici, ha chiesto ospitalità al Viminale.
Enzo Biagi. (2022, settembre 19). Wikiquote, Aforismi e citazioni in libertà. Estratto il 17:17, novembre 27, 2022 da https://it.wikiquote.org/w/index.php?title=Enzo_Biagi&oldid=1227826.
Immagine in evidenza
dalla cover del libro “Fatti personali” di Enzo Biagi