Compresenza degli opposti. Mostra degli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna
La mostra è dedicata a giovani allievi dell’Accademia di Belle Arti che hanno terminato il loro ciclo di studi o che sono sul punto di farlo e si preparano, grazie a gallerie particolarmente attente e ricettive come la AF Gallery, ad affrontare il mondo fuori dalle aule accademiche. Sono tutti giovani artisti che hanno vinto premi e che – comunque – si sono già esercitati nella palestra di mostre extra-accademiche e quindi possiamo ritenerli pronti con opere caratterizzate da cifre stilistiche e poetiche precise.
I tre pittori costruiscono una narrazione che fa riferimento squisitamente alla storia della pittura e, soprattutto per Wu Jilan e Gabriele Ermini, alla pittura in quanto puro colore. Il colore, affermava Johan Wolfgang Goethe nella La teoria dei colori (1810), “dona nell’uomo grande diletto” e “ogni singolo colore dona un particolare stato d’animo”. Il rosso e l’azzurro – sempre secondo Goethe – generano due diversi effetti, il primo “da luogo a stati d’animo attivi, vivaci, tendenti all’azione”, il secondo, all’opposto, “da un senso di freddo” e “sembra arretrare dinanzi a noi”. Queste evocazioni di sensazioni e di forze contrapposte costituiscono – in modo meno sistematico e più intuitivo – il senso di Lo Spirituale nell’arte (1912) di Wassily Kandinsky e sono un viatico per la lettura dei nostri quadri. Wu Jilan con i suoi toni caldi del rosso e dell’arancione richiama gli affetti, le relazioni, le amicizie, l’amore, una presenza affocata e tenera che coinvolge lo spettatore, i toni azzurri di Gabriele Ermini fanno riferimento a immagini di acque, schermi, vetri riflettenti attraverso i quali intravvedere forme che si perdono nel passato e che lottano per partecipare ancora al nostro immaginario collettivo.
Donato di Schiena interpreta il senso del paesaggio in quanto porzione di “natura” ritagliata e presentata allo spettatore come parte di un tutto che potrebbe continuare indefinitamente oltre il quadro, ricomponendo in una sorta di grande collage gli elementi naturali. I segni e le linee colorate si rifanno ad un linguaggio elementare ed eteroclito, dove vengono messi sullo stesso piano forme sintetiche, immagini primitive, disegni dell’infanzia in una caotica vivacità evocativa che richiama il flusso ininterrotto di icone della nostra contemporaneità dove non esistono più distinzioni certe, cesure chiarificanti, pause rappacificanti.
I Nani da giardino tutti uguali, anche se non identici, di Francesco Bendini costituiscono un contrappunto rispetto ai quadri, un’interrogazione critica che si colloca dalla parte concettuale della filosofia piuttosto che dell’estetica, che – come abbiamo visto sopra – lusinga l’occhio senza remore e fa appello alle emozioni. I nani sono dei calchi in cemento di un nano in pietra recuperato chissà dove e poi “liberato”, le sculture sono poi ripassate con una patina che le lucida, ma non occulta il materiale grezzo e ottuso sottostante. Viene chiamato in causa il cliché del nano, l’arte popolare che sfocia nell’artigianato e nel kitsch. L’opera volutamente non autoriale di Francesco, si interroga allora sullo statuto dell’arte, i suoi confini, le sue regole, che sovverte con un sorriso ironico e paradossale.
Carmen Lorenzetti
AF Gallery
Via dei Bersaglieri 5/E, 40125 Bologna
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