Fuorinorma. La via neosperimentale del cinema italiano – Quinta edizione
Si svolge dal 17 al 20 gennaio a Roma il “festival espanso” a cura di Adriano Aprà, la quinta edizione di “Fuorinorma. La via neosperimentale del cinema italiano”, e lo fa alla Casa del Cinema, nel cuore di Villa Borghese. Nella Sala Kodak, “Fuorinorma 5”, realizzato con il contributo di MiC, CNA e Fondazione Cinema per Roma e il sostegno di Regione Lazio, presenta una selezione di film recenti di autori italiani, di lungo e di cortometraggio, di finzione, documentari, sperimentali, di animazione, tutti caratterizzati da una ricerca originale di nuovi modi espressivi e di temi inconsueti.
Lunedì 17 si parte alle 19:30 con la proiezione, in presenza dell’autore, di “Assandira” (2020) di Salvatore Mereu (introduce Adriano Aprà), una libera trasposizione del romanzo di Giulio Angioni che ripercorreva un’inchiesta giudiziaria per cercare di chiarire chi aveva appiccato il fuoco bruciando un agriturismo di Assandira e il rimorso bruciante per un figlio morto in mezzo alle fiamme che il protagonista, Costantino, non è riuscito a salvare. Seguono i cortometraggi “Nel paese del calmo mattino” (2019) di Alessandra Pescetta (introduce il film, in presenza dell’autrice, Dafne Franceschetti), alle 22.15, sulla giovane cantante coreana Miyeon, sconvolta dalla morte del padre e alla ricerca di una cura per la sua voce malata e debole lontano dalla città, che troverà rifugio e linfa vitale in una natura bisognosa; e “Divine Way” (2018) di Ilaria Di Carlo, liberamente ispirato alla Divina commedia, che ci conduce lungo l’epica discesa della protagonista attraverso un infinito labirinto di scalinate che intrappolano nel loro pericoloso paesaggio attraverso più di cinquanta magnifici luoghi. Alla proiezione sarà presente l’autrice.
Martedì 18, alle 15.00, si proietterà in presenza dell’autore Michele Salimbeni (introduce Adriano Aprà) il cortometraggio “The Horse in Motion” (2020), che rende omaggio, centoquarant’anni dopo, al primo live shot della storia, grazie all’invenzione di Eadweard Muybridge, che nel 1878 sistemò ventiquattro macchine fotografiche lungo una pista dove un cavallo e il suo cavaliere si lanciarono al galoppo. A seguire, “La lupa” (2020), di Manon Décor e Michele Salimbeni, la storia di una donna chiamata “la lupa” a causa delle relazioni che intrattiene con gli uomini del villaggio, per un film basato sull’omonimo racconto di Giovanni Verga, che trasferisce la narrazione dalla Sicilia alla Sardegna dei primi del Novecento. VestAndPage, ovvero Verena Stenke & Andrea Pagnes, in collegamento da remoto, sono gli autori di “Plantain” (2018) e il cortometraggio “Amor and Psyche” (2020); introduce la visione dei film Dafne Franceschetti. Nel primo, performance site-specific realizzate nell’arco di sei settimane, lungo un itinerario di 1110 chilometri che il duo artistico ha percorso a piedi dalla costa tedesca del Mare del Nord sino a Cernjachovsk, nell’enclave russa di Kaliningrad, servono ad affrontare la questione del corpo dislocato, eradicato dal luogo di appartenenza, ispirandosi a vicende familiari realmente accadute nei giorni dell’espulsione della popolazione civile tedesca dalla Prussia orientale per mano dell’occupazione sovietica; “Amor and Psyche”, invece, è una video performance suddivisa in quattro capitoli (Conditio, Status, Echo e Mutatio), inizialmente concepita nel settembre 2019 durante l’isolamento clinico di tre settimane e la fase iniziale della chemioterapia alla quale Verena Stenke si era dovuta sottoporre per guarire dalla tubercolosi, e poi ripresa e portata a termine durante i giorni del lockdown nel maggio 2020. Nel video vengono utilizzate le scansioni originali mrt e tc dei polmoni di Verena Stenke quali “ritratti interni” dell’artista.
Mercoledì 19 alle 15:00 sarà la volta del film “Lunakid-Bleed” (2020) di Igor Imhoff: dalle ceneri della ennesima caduta una civiltà rinasce distinguendosi con i propri simboli ed evolve fino a quando, raggiunto l’apice, tutto crolla rivelando così i nervosismi, la violenza latente e dichiarata, il conseguente costo umano, sociale e ambientale di una corsa dalla irrimediabile conclusione e incapace di offrire una reale via di fuga. Segue, in presenza dell’autrice Lucia Zanettin, “La val che urla” (2020). Il film noir (introdotto da Adriano Aprà) vede protagonista Lorenzo, un ingegnere cinquantenne che in seguito alla perdita del lavoro, fugge dalla città e ritorna in un piccolo paese di montagna, e nei luoghi conosciuti da bambino, per cercare un momento di serenità, ma viene coinvolto in una sequenza di omicidi che si scopriranno essere legati ad avvenimenti della sua infanzia. Alle 17.00, “Il canto del pensiero errante” di Silvia De Gennaro è il viaggio esplorativo del pensiero alla ricerca di nuovi territori: sotto le sembianze di un cavaliere racchiuso nella biblioteca di un castello, il pensiero attiverà i meccanismi dell’edificio trasformando le mura oppressive in una rampa di lancio verso lo spazio dell’immaginazione. A seguire, Patrizia Pistagnesi introduce la proiezione de “L’agnello” (2020) di Mario Piredda (l’autore sarà presente in collegamento da remoto): la malattia di un padre è per la protagonista Anita l’occasione ultima, a distanza di molti anni da un feroce litigio, di riallacciare il rapporto con un fratello che potrebbe salvargli la vita.
Giovedì 20, alle 16.00, in presenza dell’autrice, la visione di “Pagine di storia naturale” (2019) di Margherita Malerba (introduce Adriano Aprà), studio del paesaggio e delle tracce lasciate del tempo e dell’uomo nelle zone montuose della Toscana settentrionale, tra l’Appennino e le Alpi Apuane, seguendo il ritmo delle stagioni, il movimento della luce e delle ombre e i processi di trasformazione della materia. Alle 17.45, Giacomo Ravesi introduce la visione di “50 Santarcangelo Festival” (2020) di Michele Mellara e Alessandro Rossi (che saranno presenti in collegamento da remoto), film che attraversa mezzo secolo di spettacoli, compagnie, incontri, passioni, delusioni e tempeste, del più longevo festival dedicato ai linguaggi performativi contemporanei, una storia, allo stesso tempo artistica, politica e sociale, che va dal teatro politico/popolare dei primi anni Settanta al teatro delle compagnie e al Terzo Teatro degli anni Ottanta, dal teatro dell’attore al teatro della performance e, infine, al Festival senza teatro, inteso come festival delle arti. Chiude, alle 19.00, la proiezione introdotta da Marco Allegrezza di “Guerra e pace” (2020) di Martina Parenti e Massimo D’Anolfi, presenti in collegamento da remoto: l’ultracentenaria relazione tra cinema e guerra, dal loro primo incontro, nel lontano 1911, in occasione dell’invasione italiana in Libia, fino ai giorni nostri, narrata a partire dalle sequenze filmate dai pionieri del cinema per arrivare alle odierne riprese girate con gli smart-phone dai cittadini del mondo.
“Queste presenze – dichiara Adriano Aprà – sono esempi di opposizione creativa a un cinema italiano altrove stanco e ripetitivo, ormai privo di ambizioni artistiche. In questi film che proponiamo, come in altri che abbiamo proposto e che proporremo, si respira invece innovazione, felicità di dialogare con gli spettatori in maniera diversa, progettualità utopica: segnali concreti che indicano una strada nuova del nostro cinema”.