
Future in the past. L’archivio Motus in mostra
Dal 15 marzo Motus racconta oltre 30 anni di attività con “Future in the past”, la mostra- atlante all’interno delle 10 stanze dell’Ala Nuova del Museo della Città di Rimini, in cui la compagnia espone per la prima volta l’archivio Motus attraverso video, documenti sonori, testi, fotografie e materiali grafici, sedimentati nel tempo in forma non ordinata.
Come suggerisce il titolo della mostra, secondo Motus il futuro e il passato non stanno in una dicotomia che li distanzia e li fa sembrare irrimediabilmente lontani, per escludersi a vicenda, piuttosto, li troviamo entrambi, contemporaneamente. Scivolare nel passato non è ripiegamento nostalgico nella memoria di ciò che è stato, ma si apre, si fa piega, incrinatura, interferenza, glitch, che aiuta a ridefinire questioni legate al contemporaneo e si fa strumento per immaginare nuovi futuri.
“Future in the past” è un tentativo di attraversare, infestare e de-costruire un archivio teatrale lungo 35 anni. Motus racconta: “Abbiamo allestito le stanze dell’ex-ospedale di Rimini non pensando a uno stare immobile, ma secondo una nuova temporalità in cui passato, presente, e futuro si attraversano a vicenda, lacerandosi, facendosi, ognuno, strumento per questionare l’altro. Nel percorso espositivo vogliamo mantenere accesa la liveness stessa del teatro, procedendo per tracce, evocazioni, associazioni; gli elementi estrapolati rimandano alla nostra ricerca, ma allo stesso tempo creano un’ambientazione, si mettono in scena, cambiano il perimetro della stanza, delineando “un altro”, possibile spazio scenico”.
Oggetti, suoni, immagini, parole, rumori stanno insieme nelle varie stanze per associazioni (tattili, visive, sonore ecc…) e ricreano uno spazio “cumolonembico” per nuove riflessioni. Le sale del museo sono pensate attraverso una divisione tematica, che accorpa, quindi, progetti diversi, agglutinati per vicinanza di orizzonti, Leitmotiv che si ripetono e si ritrovano. I temi scelti, le parole chiave, sono, per ogni stanza, evocati da una frase, una citazione, che funge da collante, da mappa per insinuarsi tra le relazioni che connettono l’eterogeneità degli elementi presenti, ma diventa anche ponte con il contemporaneo. Parole-breccia che ci parlano delle esigenze e dei riferimenti che hanno accompagnato le ricerche di Motus, e che rimangono, allo stesso tempo, laceranti e necessarie verso questioni odierne e future.
La mostra diventa un’opera a sé, oggetto artistico autonomo fatto di frammenti, pezzi, scarti delle tante opere catalogate e numerate, che, nella collisione e convivenza all’interno di ogni stanza, generano un evento performativo nuovo. Come solito nel percorso di Motus, si fluttua fra i linguaggi lasciando il visitatore libero di creare la “propria collezione”. “Un’opera aperta – afferma la co-curatrice Ilaria Mancia – che dura 35 anni e prosegue nel qui e ora (come in ogni circostanza del performativo), una mostra che espone il suo stesso formarsi fatto di attraversamenti di membrane porose, dove ciò che era nascosto nelle trame del lavoro viene ri-posizionato e condiviso; appare delicatamente per poi sparire di nuovo, attivando una relazione con lo spazio che si fa tempo e viceversa. Nella collisione fra archivio e mostra del lavoro di una compagnia teatrale come Motus, si crea la possibilità di una nuova forma di drammaturgia fluttuante, che si dilata e si riannoda attraverso temporalità diverse che si mescolano e si fanno simultaneità immersiva. L’attraversamento dello spazio espositivo creerà nuove trame che si vivificano, fra tessiture e narrazioni, a ogni passaggio”.
Informazioni
archivio.motusonline.com
Immagine in evidenza
Archivio Motus – Enddna – Cocorico` 1996 – foto di Dolcini – Courtesy Motus (part.)