“Il disobbediente. Don Milani a San Donato”. Con Gabriele Giaffreda
Avamposti Teatro Festival 2023 continua giovedì 7 dicembre al Teatro Goldoni di Firenze con “Il disobbediente – Don Milani a San Donato”, produzione del Teatro delle Donne presentata nel 50esimo della scomparsa del “prete scomodo” e ripresa ora nel centenario della nascita.
Lo spettacolo ripercorre la straordinaria esperienza della scuola popolare che Don Milani fondò a San Donato, alle porte di Calenzano, dove accolse insieme bambini e operai, prima del trasferimento a Barbiana: un pericoloso “straniero” ai suoi superiori e a molti altri.
Scritto e diretto da Eugenio Nocciolini, “Il disobbediente” vede Gabriele Giaffreda nel ruolo di protagonista, completano il cast Alessia Niccoli, Mattia Ricchiuti, Rebecca Palmerini, Marco Salvadori, Giulio Valente e Vanessa Zingoni, tutti allievi di TDD TeatroFormAzione. Più che una ripresa, dunque, un nuovo allestimento, con nuovi, giovani, attori nel ruolo degli allievi di Don Milani.
È un’anonima giornata di ottobre, anno 1947. Piove a dirotto. Poche persone sono lì ad accogliere il nuovo cappellano. Un cappellano che in poco più di sette anni cambierà parecchie cose, incluso se stesso.
Figura di rottura, eppure estremamente rigido. Incredibile precursore dei tempi e al contempo severo, categorico. Don Lorenzo Milani, erroneamente definito “il cattocomunista”, è ricordato soprattutto per il periodo vissuto a Barbiana.
Eppure il suo trasferimento a Barbiana, avvenne in conseguenza di ciò che stava facendo come Cappellano di San Donato a Calenzano, borgo a metà strada tra Firenze e Prato, composto prevalentemente da famiglie operaie e contadine.
Don Lorenzo è rimasto cappellano a San Donato per sette anni dal 9/10/47 all’8/12/54, durante questi anni di apostolato aveva fatto il prete diversamente (aveva cercato gli ultimi, i più bisognosi, si era schierato con i più deboli, aveva condiviso le loro ragioni, si era opposto allo sfruttamento sul lavoro dei suoi ragazzi, aveva applicato il Vangelo senza alibi né compromessi. In questo suo impegno si era allontanato, forse senza nemmeno accorgersene, dai metodi della Chiesa regnante che vedeva cattolici al potere a livello nazionale e locale, le porte delle fabbriche che si aprivano alle raccomandazioni dei preti. Quella Chiesa che vedeva curare il mondo tradizionale cattolico e non i distanti.
A Calenzano organizza la scuola popolare per i giovani del popolo come mezzo per evangelizzare. La scuola non era il fine ma il mezzo per parlare di Dio e evangelizzare. Per parlare di Dio occorreva che la parola arrivasse, fosse assimilata, incidesse nella mente e nei cuori dei giovani. Era difficile che questo potesse avvenire se la parola non era posseduta, non era capita, non era viva, non era capace di aprire la mente.
Era la scuola il mezzo per dare la parola e raggiungere mete ben più alte.
Da “Cappellano a San Donato” di Michele Gesualdi