Il teatro di Paolo Poli in mostra
Paolo Poli torna al Teatro Gerolamo di Milano con una mostra a lui dedicata dal titolo “Il teatro di Paolo Poli” dall’archivio personale dell’artista ai documenti della Fondazione Giorgio Cini, nel sessantesimo anniversario del debutto da capocomico con la sua prima regia dello spettacolo Il Novellino, andato in scena alla fine del 1960 sul palcoscenico di Piazza Beccaria.
La mostra, composta da documenti originali provenienti dall’archivio dell’artista, riprende e arricchisce un’iniziativa realizzata a Venezia all’indomani della donazione.
Nelle sale superiori del Teatro saranno presenti rare fotografie originali e inedite, lettere autografe, telegrammi, cartoline, locandine, programmi e libretti di sala, copioni e note di regia, spartiti delle musiche da lui personalmente selezionate, articoli di rassegna stampa e vari materiali di studio e di lavoro, oltre a figurini per i costumi e oggetti di scena creati dalla scenografa e costumista Santuzza Calì.
L’Archivio di Paolo Poli (Firenze 1929 – Roma 2016) documenta la carriera del celebre attore, cantante, regista e autore di testi, a iniziare dagli spettacoli dei primi anni Cinquanta fino alle celebri produzioni degli anni Duemila. L’Archivio Poli è “una delle più importanti donazioni ricevute dall’Istituto per il Teatro e il Melodramma della Fondazione Giorgio Cini – dice la Direttrice Maria Ida Biggi – e costituisce una risorsa esclusiva per riscoprire il lavoro di una delle principali icone dell’arte teatrale italiana del secondo Novecento”. I materiali in mostra a Milano provengono dalla rassegna allestita nel 2019 nella Biblioteca del Longhena della Fondazione Giorgio Cini in occasione della cerimonia di consegna dell’Archivio Paolo Poli alla Fondazione veneziana da parte della sorella Lucia e del nipote dell’artista, il compositore Andrea Farri.
Il Novellino, che andò in scena al Gerolamo alla fine del 1960, con Armando Celso ad affiancare Paolo Poli e le coreografie di Claudia Lawrence, fu il primo lavoro con regia firmata dall’artista, dopo l’apprendistato con il regista Aldo Trionfo in un piccolo teatro genovese di avanguardia che si chiamava La borsa di Arlecchino. Questo titolo veniva presentato come un raffinato florilegio di “storielle musicali di sorte e sortilegi, fatalità e fatture”. Nella prima parte si raccontavano: “La leggenda di S. Uliva e antiche laude popolari”; “Canti rinascimentali di arti e mestieri su testi di Lorenzo il Magnifico, Poliziano, Pulci, Bandello, Bibbiena e poeti popolari”; “Il Pupolo e la Pupola del Cavalier Marino con Bertoldo, di Giulio Cesare Croce”; “Didone ed Enea di Annibal Caro”; “Scherzi di Parini e strambotti popolari”. Nella seconda parte: “Ariette di Bellini”; “Francesca da Rimini di Pellico”; “Sul ponte sventola la bandiera bianca di Fusinato, e motivi popolari”; “Sogno di un tramonto d’autunno di G. D’Annunzio, e floreali melodie di Tosti, Donaudy, Denza, su testi di Carducci, Pagliata, Cimmino”; “Un monocolo e due giarrettiere, di Kiribiri, con fox-trot del vecchio varietà”.
Si trattava, in sostanza, di un brillantissimo e ironico excursus tra canzonette della tradizione orale, laudi medioevali, e inni di propaganda fascista messi – logicamente – alla berlina, nella più pura tradizione dell’avanspettacolo e varietà italiano. Il successo fu immediato, e gli aprì la porta a una carriera folgorante. La critica rispose con entusiasmo tanto che Camilla Cederna scrisse, sull'”Espresso” dell’11 dicembre 1960, un esteso articolo corredato di ampie fotografie, intitolato “Il professorino che canta” Paolo Poli aveva trentadue anni.
Mostra a cura di Maria Ida Biggi, Direttrice dell’Istituto per il Teatro e il Melodramma della Fondazione Giorgio Cini. Da un’idea di Roberto Bianchin, già Direttore Artistico del Teatro Gerolamo