
“Monologo della buona madre” e “Ashes to ashes” di Lea Barletti
Lea Barletti e Werner Waas saranno in scena al Teatro Basilica dal 27 al 30 marzo, ogni sera con un doppio appuntamento: “Monologo della buona madre” e “Ashes to ashes”.
Entrambi i testi scritti da Lea Barletti, sono diretti da Lea Barletti e Werner Waas, anche in scena; due testi estremamente significativi del duo artistico che lavora insieme dalla fine degli anni ’90, prima in Italia e dal 2012 in Germania, a Berlino.
Monologo della buona madre
Sola in scena, seduta su un alto piedistallo come un oggetto da esposizione, la “buona madre” inizia il suo discorso dichiarando la propria intenzione di andarsene. Il suono, il tempo, la vita, incalzano. Se ne andrà davvero? C’è forse vita, per lei, come persona, come donna, come attrice, al di fuori dello sguardo altrui? Che possibilità c’è di un’esistenza veramente umana, se non quella che si crea nel discorso tra simili? Il mondo, la vita, è quello che accade tra le persone mentre si parlano: quello che accade tra l’attore e lo spettatore. Il mondo è qui, è adesso, è il teatro. Questa “buona madre”, questa donna in carne ed ossa, posta lì in alto, sola, alla ricerca di una irraggiungibile perfezione, nel tentativo “eroico” quanto struggente di fare di sé qualcuno, come dirà, “che non si può fare a meno di amare”, ci riporta inesorabilmente a noi stessi, alla nostra ricerca di senso e di valore, ricordandoci quanto sia difficile, per tutti, svincolarsi dalla forza di modelli introiettati come ideali sin dalla più tenera età e giungere ad accettarsi, e magari anche amarsi, nella propria imperfezione, nella propria inesorabile e umanissima fallibilità. La lotta per esserci, per essere, di questo personaggio, di questa maschera, di questa persona, il suo essere “uno nessuno e centomila” ci riguarda tutti da molto vicino
Ashes to ashes
Come pensa una coscienza in fiamme? Come trovare le parole per un disastro che inizia da dentro? Quando ogni paesaggio è perduto, a cosa si aggrappa la memoria e dunque la lingua per costruire la certezza di sé e collocarsi in un qualche discorso? Dove finisce il passato quando il presente va a fuoco e il futuro è cenere e fumo? Ashes to Ashes non ha né inizio né fine, non ha appigli, come il suo protagonista si arrotola su sé stesso in cerca di punti di riferimento, ma non trova che fumo. Le parole e le frasi emergono e affondano di nuovo, fatte a pezzi, smembrate, ritornano all’improvviso e si ripetono ossessivamente, in un moto circolare senza speranza di soluzione. L’inizio si perde nella mancanza di memoria, la fine nella mancanza di speranza. “La nostra casa è in fiamme” e noi, non sappiamo nemmeno più come raccontare come siamo arrivati fin qui. Il mondo di Ashes to Ashes, è un mondo in fiamme, la cui rovina riflette quella interna del protagonista. Il paesaggio interiore riflette quello interiore: cosa resta sotto la cenere? È ancora possibile il futuro? È ancora possibile il passato? È ancora possibile dire “io”? O ciò che resta delle nostre coscienze è, e sarà, soltanto l’insostenibile leggerezza del fumo?