Teatro: “Come vorrei non morire” di e con Daria Pascal Attolini
Una tragicommedia, una dark love comedy, una storia vera.
La protagonista di questa storia ritrova suo padre e lo perde nuovamente.
Nello stargli accanto, durante il momento più duro della sua vita, ritrova parte del suo passato e lo ricostruisce, rimette insieme i pezzi della loro storia, scopre cose che non sapeva, costruisce un dialogo in cui è finalmente possibile dirsi cose che non erano mai state dette.
Il ricordo è vivo ed è raccontato per lasciare un segno oltre lo specifico di questa storia.
Nessuno vuole morire davvero.
E in questa corsa all’immortalità perdiamo i rapporti più veri.
Gli unici per cui valga la pena lasciare un segno.
La verità dei sentimenti fa paura, perché siamo in un sistema che si struttura su rapporti a distanza, ego centrati, scontati, in cui anche la morte ha il proprio outlet e l’enorme cimitero on line di Facebook è la nuova frontiera dell’immortalità.
Un racconto che ha come tema il senso della vita.
NOTE DI REGIA
La morte di mio padre ha interrotto il mio rapporto con lui e le mie domande sono rimaste aperte. L’immortalità dell’arte e l’effimero della vita, il teatro come possibilità di esistere altrove, e la crudezza della realtà che non permette di pensarsi eterni. Ho scelto di partire dal mio materiale e di ampliarlo con delle interviste fatte per strada a persone cui ho domandato: “quale è il momento esatto in cui si muore “? Interessante diventa quella zona di incertezza e di silenzio in cui mancano le riposte e si profilano i contorni di un tabú. D’altro canto la quasi totalità della cerchia di parenti, amici, conoscenti e colleghi, di fronte al lutto, ha reagito con un ‘empatia sui generis, in buona fede e cercando di consolarmi ha generato, invece, situazioni imbarazzanti, tragicomiche. Quando ho parlato di questo mio progetto a amici e colleghi abbiamo tutti pensato si trattasse di un lavoro molto rischioso. Una storia vera, personale, autobiografica: il rapporto con un padre che è stato assente per buona parte della vita e che a un certo punto rivela di essere malato di cancro, con pochissime possibilità di sconfiggere la malattia. Il rischio che volevo evitare era di rendere questa storia una confessione o una testimonianza che poteva avere un valore catartico solo per chi l’aveva scritta. Eppure, andando avanti nella scrittura, ho sentito, invece, che c’era la possibilità di far emergere il lato più semplicemente umano, condivisibile, allontanandosi dall’autoreferenzialità. Si trattava di osare senza dissacrare o di dissacrare senza offendere. Il testo aveva un potenziale fortemente ironico, a tratti comicissimo. E ci siamo sorpresi a ridere molto più spesso di quanto credessimo possibile, su diversi aspetti di un’esperienza tanto tragica. Si trattava di trovare un modo semplice, il più leggero possibile, per trattare un argomento delicato come la morte di un padre, e di quel padre nello specifico, senza perdere di vista il senso, il perché di questo racconto. Gli unici oggetti di scena hanno attinenza con la nostalgia, con l’abbandono. Quasi tutti gli oggetti hanno una possibilità maggiore di immortalità rispetto all’essere umano. Attraversano i secoli, ricevono le cure di chi li vuole mantenere in vita, e passano di mano in mano, di famiglia in famiglia, si rivelano testimoni silenziosi di cambiamenti. Il tema della morte, più specificamente dell’abbandono viene declinato in diverse forme. Tutto comincia e si interrompe e la sensazione è che non si riesca a portare nulla fino in fondo, che non si riesca mai ad arrivare all’ultimo atto, che tutto sia destinato a finire – non finire mai.
Daria Pascal Attolini
8 febbraio – 12 febbraio 2023
COME VORREI NON MORIRE
di e con Daria Pascal Attolini
regia Daria Pascal Attolini
disegno luci Alessandro Barbieri
produzione Teatro Franco Parenti