Qual è il futuro della Terra? Stiamo davvero andando verso l’autodistruzione, o possiamo costruire un nuovo domani, che vada oltre la crisi ambientale ed energetica?
Tra le tante congetture possibili, serve uno storytelling, un racconto per immagini e testi che sappia guardare oltre le emergenze attuali e permetta di immaginare e anticipare gli scenari possibili, con l’obiettivo di governarli.
Una proposta che solletica l’interesse del settore del design, con il visionario concorso dal titolo Spaceship 2, il workshop di Quasar Institute for Advanced Design, l’accademia romana che, anche quest’anno, ha coinvolto docenti e allievi in un laboratorio della durata di due settimane.
Per l’occasione, ha puntato su una giuria d’eccellenza, con nomi di lustro come quello di Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia e di Giuseppe Ottavianelli, Responsabile della Sezione Applicazioni dell’Agenzia Spaziale Europea – ESA. Una sfida raccolta dai giovani creativi dello stesso Quasar e vinta dal gruppo che ha portato il progetto Plastic Patch.
Il concept è stato ideato dal cofondatore di Quasar e direttore scientifico dell’accademia, il professore Benedetto Todaro, per entrare nel vivo delle questioni ambientali, dall’emergenza pandemica al futuro del pianeta Terra.
L’idea, questa volta, ha riguardato uno storytelling che narra di un pianeta in crisi attraverso illustrazioni 2D e 3D e una serie di testi che possano mostrare le gesta di un’umanità alle prese con l’ecosistema di appartenenza.
Come in una sorta di Decamerone contemporaneo, gli allievi hanno dato vita a un racconto per immagini e testi tale e quale a un diario di bordo realizzato durante un’ipotetica missione spaziale lanciata per dare un nuovo futuro al Pianeta.
La plastica, in una simile visione, ha generato nuove creature viventi (come ad esempio la medusa che è per metà bottiglia).
Il workshop muove dalla considerazione che la Terra sia paragonabile a una piccola nave stellare, dalle risorse limitate e difficile da mantenere in vita, poiché basta una piccola distrazione perché si compiano disastri ecologici, e non soltanto. “Per questo motivo – spiega il professor Todaro – dal pianeta sono stati inviati sei gruppi di astronauti ricercatori (gli allievi di Quasr) in missione nello spazio, all’interno della nave spaziale Spaceship 2”.
La Spaceship 2 è composta da sei sfere ispirate alle architetture visionarie del grande progettista americano del secolo scorso Buckminster Fuller, legate tra loro intorno a un nucleo centrale. Ogni sfera ospita al suo interno – oltre agli astronauti e ai loro ospiti – un intero ecosistema il cui carattere fondamentale è assegnato, ma i cui aspetti di dettaglio devono essere definiti dall’equipaggio.
Il nucleo centrale ospita il sistema di raccolta dell’energia solare, di osservazione e comunicazione con la Terra e il Grande Computer Centrale. La missione dura un anno (due settimane per il workshop): durante questo periodo gli equipaggi sono in isolamento dentro le rispettive sfere e possono comunicare tra loro e con il resto del mondo solo attraverso il Grande Computer Centrale. Ogni gruppo di astronauti ha il compito di misurarsi con condizioni ambientali particolari ed estreme.
Perché i designer
Il compito degli astronauti/allievi, nello specifico, è stato quello di realizzare dei rapporti giornalieri al Grande Computer Centrale. “Come in un Decamerone contemporaneo – spiega Benedetto Todaro – alla stessa maniera in cui i dieci giovani di Boccaccio hanno combattuto la reale avversità della peste nera attraverso il ricorso all’immaginazione e alla narrazione di futuri possibili, così agli allievi è richiesto di presentare rapporti che non siano semplicemente volti a descrivere la realtà dei vostri giorni di workshop, ma piuttosto le avventure (o disavventure) che un piccolo campione di umanità imbarcato per un anno sulla Spaceship 2 potrebbe vivere nello svolgimento della missione”.