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La storia di Filadelfo ed il tritolo

La storia di Filadelfo ed il tritolo

Questa mia opera per ricordare Filadelfo, che negli anni ’70 fece una scelta particolarissima, vivendo un’avventura davvero non comune. Durante il servizio militare era stato “pioniere” in un battaglione in Friuli, dove gli era stato insegnato a far brillare il tritolo.

Prima un etto, poi due etti, ed infine mezzo chilo, imparando a stare fino a pochissimi metri di distanza nella corretta e rigorosa posizione “a ponte”, che consisteva nel restare sospesi da terra, restando solamente appoggiati sui gomiti e sulle punte degli scarponi anfibi, tenendo congiuntamente le dita delle mani a protezione e chiusura di occhi, naso e bocca, con la testa reclinata protetta dall’elmetto.
Un giorno Filadelfo, accettando la sfida di un giovane sottotenente spavaldo e baldanzoso, arrivò, insieme ad un compagno di plotone, a far brillare due chili di tritolo, quantità capace di creare una fortissima esplosione, pericolosissima se non vissuta con l’attento posizionamento “a ponte”.

Erano passati diversi anni da quelle esercitazioni e Filadelfo lavorava come autista ed aiutante in un’azienda che organizzava eventi, ma con una certa insoddisfazione per il suo ruolo molto marginale. Testimone delle tante feste vissute durante la sua esperienza lavorativa, in lui si fece sempre più vivo il desiderio di sorprendere tutti con qualcosa di speciale e fuori dal comune.
Un giorno, in piena estate, trovandosi a lavorare in un’antica villa con ampio e ricco parco, appartenuta da secoli ad un’importante famiglia nobiliare, da poco adibita a prestigiosa sede di eventi, scoprì che la festa era dedicata alla vittoria elettorale di un personaggio locale molto discusso per le sue conoscenze in ambienti a dir poco non limpidi.
Per Filadelfo un vero uomo di malaffare, considerato non solo un politico dal pensiero opposto al suo, ma anche un vero pericolo per la comunità, per il quale decise di creare un particolare “festeggiamento a sorpresa”.

Finite le sue mansioni di trasporto, scarico e sistemazione di tutto il materiale che era di sua spettanza, andò a prendere un sacchetto che aveva abilmente nascosto sotto il sedile e si dileguò senza dare nell’occhio, durante la confusione ed il trambusto organizzativo, nei meandri dell’antica ed enorme villa, riuscendo ad accedere alla grande terrazza frontale del primo piano, che dava sul piazzale circolare centrale del parco, dove in gran parte si sarebbe svolta la manifestazione. Riuscendo a restare sempre nascosto, tra le rigogliose ed alte piante ornamentali e l’altezza del muretto protettivo, volle rivivere quella forte emozione fibrillante che aveva provato da militare e preparò due chili di tritolo con una lunga miccia che sistemò fino alla grande vetrage della terrazza.
I festeggiamenti erano previsti solo al piano terra ed in gran parte all’aperto, e Filadelfo tornò al piano inferiore per farsi notare dal personale al lavoro, durante lo svolgimento di tante piccole mansioni di normale manovalanza, come la sistemazione dei tavolini, delle sedie e degli ombrelloni.

La serata iniziò con la musica dal vivo del gruppo chiamato per l’occasione e ben presto la villa si riempì di centinaia di ospiti pronti a festeggiare il politico neo eletto.
Sulla parte più alta della scalinata centrale, era stata creata una postazione con leggio, microfono e casse e dopo una breve ma sontuosa presentazione, il politico festeggiato iniziò il suo discorso di saluto e di accoglienza verso gli ospiti, riconfermando i suoi obiettivi politici.
Nel frattempo Filadelfo, approfittando dell’attenzione catalizzata dal nuovo onorevole, era riuscito a risalire al primo piano senza farsi notare ed alla fine del discorso, durante lo scrosciante ed appassionato applauso dei presenti, dette fuoco alla miccia, che in pochi secondi arrivò a far esplodere i due chili di tritolo, deflagrando con un travolgente scoppio che non solo fu spaventosamente assordante ma che inaspettatamente si manifestò anche come potentemente lacerante, creando una voragine nella grande terrazza, che in parte crollò, ma facendo anche schizzare in un raggio di alcune decine di metri mattonelle, pietre, mattoni e parti in muratura, investendo la folla antistante degli ospiti, sorpresi dall’incredibile esplosione.
Filadelfo non aveva calcolato che due chili di tritolo sarebbero stati fatali per l’antica struttura muraria della terrazza ed aveva previsto solo di creare un gran botto per spaventare tutti, ma sorpreso dalla distruttiva esplosione, e rimasto anche parzialmente sommerso dalla grande vetrata andata in frantumi, si sentì già fortunato ad essere ancora vivo e decise velocemente di trovare un’uscita secondaria, sul retro, per tornare al piano inferiore e confondersi nella confusione degli ospiti in giardino.
Fortunosamente scoprì una scaletta secondaria del personale di servizio e riuscì velocemente a tornare al piano terra, in un ‘area adiacente alle cucine, dove si fece trovare subito dopo da alcuni lavoranti, con dei vassoi da lavare in mano, come se fosse stato sempre li dentro a lavorare. L’esplosione con lancio di residui causò solo sgraffi e superficiali ferite in alcuni ospiti, mentre la gran terrazza centrale si rivelò irrimediabilmente sventrata, e oltre ai Vigili del Fuoco vennero chiamate anche un’ambulanza ed i Carabinieri, che però, dopo aver interrogato tutti gli ospiti ed il personale (incluso Filadelfo) non riuscirono ad evidenziare un responsabile.

Il cancello della villa non era stato chiuso o sottoposto a controllo, per cui fu ipotizzato l’ingresso di uno o più malintenzionati estranei alla festa e Filadelfo riuscì a non farsi scoprire, portando con se il segreto di quella bravata che non fu capace di controllare, fino all’ultimo giorno della sua vita, quando dal suo letto, con un filo di voce, sentì il bisogno di confidare quell’incredibile storia alla sua vecchia amica Flora, sua ex fidanzata ed ex datrice di lavoro dell’azienda organizzatrice di eventi, la quale, alla fine del racconto, senza mostrare sorpresa, tirò fuori dalla borsetta un vecchissimo fagottino di carta, che pose in una mano di Filadelfo, confessandogli che, conoscendo il suo passato militare e la sua sanguigna fede politica, aveva subito sospettato di lui e che, andando a dare un’ occhiata al suo furgone, aveva trovato quei due piccoli frammenti di un panetto di tritolo, che, proprio per amore e per proteggerlo da eventuali ricerche delle forze dell’ordine, si preoccupò di far sparire immediatamente, nascondendoli in quel fogliettino di giornale, conservato segretamente per 50 anni. Filadelfo, sorpreso, tra le lacrime di commozione, cercò la mano di Flora, e con un ultimo sorriso, sussurrò: “grazie per il tuo saluto d’amore” e si spense sereno.

Bruno Pollacci
Direttore dell’Accademia d’Arte di Pisa