La peste suina (PSA) è arrivata negli allevamenti della Pianura Padana e in poche settimane sono stati abbattuti circa 40.000 suini e che si aggiungono ai cinghiali morti a causa della malattia in questi mesi!
La prima diagnosi della malattia è stata fatta il 7 gennaio 2022 sulla carcassa di un cinghiale, nelle montagne tra Piemonte e Liguria e da allora la diffusione della malattia è sembrata inarrestabile fino ad arrivare negli allevamenti intensivi.
In questo momento scorrono sotto gli occhi le immagini di animali con ferite aperte, ulcere e ed escoriazioni, di cuccioli sporchi, zoppicanti ed esausti, rinchiusi in gabbie affollate. La loro vita sembra avere senso solo se ha un prezzo, quello che troviamo sui banchi della carne nei supermercati.
Eppure alle sofferenze che questi animali provano quotidianamente, si aggiunge anche un’altra: quella della peste suina. La malattia si sta diffondendo soprattutto nel Piemonte e in Lombardia, dove vengono allevati più di 5 milioni di suini, con un’altissima concentrazione di allevamenti.
Il virus ha superato le barriere degli allevamenti e può trasmettersi a quelli vicini, ancora prima di essere stato scoperto.
Come spiegato dall’esperto ISPRA intervistato da Greenpeace, quando il virus della PSA arriva in un allevamento intensivo, dove sono concentrati migliaia di suini, non viene identificato subito, perché la sua letalità è “nascosta” dalla mortalità standard di questo tipo di allevamenti, in cui quasi ogni giorno degli animali muoiono per cause varie.
Gli allevamenti intensivi possono essere dei veri focolai di virus, oltre che luoghi di sofferenza animale e fonti di inquinamento ambientale prodotto dai liquami e dalle emissioni di ammoniaca.
Occorre fermarli immediatamente, per la salute degli animali e dell’ambiente!
Sostieniamo le attività di Greenpeace!
La notizia terribile è infatti quella sui tassi di contagio e di mortalità. In pratica, la quasi totalità dei suini affetti dalla peste è destinata a morire: dove arriva il virus, l’80% della popolazione muore! Sono percentuali che, nel caso degli allevamenti intensivi in cui vivono ammassati migliaia di animali, si trasformano rapidamente in numeri altissimi.
È l’ennesima conferma: in caso di malattie come questa il sistema degli allevamenti intensivi, con tanti animali ammassati in spazi ristretti, comporta costi etici, sociali ed economici altissimi.
Quello che Greenpeace chiede, e può farlo insieme a tutti coloro che hanno a cuore la salute dell’ambiente, è di invertire la rotta: fermare un sistema agroalimentare basato sugli allevamenti intensivi e sostenere modelli alimentari sostenibili!
Cosa si può fare?
Possiamo contribuire concretamente alle attività di investigazione e di ricerca di Greenpeace per fare luce sulla cruda realtà degli allevamenti intensivi e fare pressione su quelle istituzioni e aziende che ancora credono che il modello economico basato sullo sfruttamento incondizionato degli animali e dell’ambiente produca ricchezza. La verità è che dietro i loro margini di profitto si nascondono costi ambientali e sociali enormi, pagati da tutti noi.
È il momento di agire: fermiamo gli allevamenti intensivi perché la salute dell’ambiente e degli animali non è solamente possibile, è soprattutto necessaria!
Fai ora la tua donazione!