Ricordo di Giovanni Falcone: una vita per la legalità

Ricordo di Giovanni Falcone: una vita per la legalità

Il 23 Maggio del 1992, il magistrato Giovanni Falcone, per il suo straordinario, costante e determinato impegno contro la Mafia, fu assassinato con un attentato dinamitardo stradale da “Cosa Nostra”, a 53 anni, insieme a sua moglie ed agli uomini della scorta, nella strage di Capaci (Palermo).

Era nato nel 1939 a Palermo e vincendo il concorso, entrò nella magistratura italiana nel 1964. Nel 1965, a soli 26 anni, divenne pretore di Lentini e nel 1967 istituì il primo processo importante alla banda del boss della mafia di Marsala Mariano Licari.
Nel 1979 accettò l’offerta che da tempo gli proponeva il procuratore capo Rocco Chinnici e passò all’Ufficio Istruzione della sezione penale, che divenne un esempio innovativo di organizzazione giudiziaria e nel quale Chinnici chiamò anche Paolo Borsellino.
Nel 1980 a Falcone venne affidata l’inchiesta contro Rosario Spatola, coinvolto con esponenti dei clan italo-americani guidati da Salvatore Inzerillo e John Gambino, accusati di gestire il traffico di stupefacenti con gli Stati Uniti, ed alle prese con questo caso, Falcone comprese che per indagare con successo le associazioni mafiose era necessario anche basarsi su indagini patrimoniali e bancarie, ricostruendo il percorso del denaro che accompagnava i traffici e questo fu definito il “metodo Falcone”, che fece la differenza nei metodi investigativi dell’epoca.
Nel 1983 il nuovo procuratore capo Antonino Caponnetto costituì il “pool Antimafia”, squadra composta dai quattro magistrati istruttori: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta, che nacque con lo scopo di coordinare tutte le indagini sui reati specifici di mafia a tempo pieno.
Una svolta epocale avvenne con l’arresto di Tommaso Buscetta, che diventò uno dei primi mafiosi a divenire “collaboratore di giustizia”, rivelando, tra l’altro, la struttura di “Cosa Nostra”. Giovanni Falcone, per i suoi significativi metodi ed importanti risultati investigativi si affermò quindi sempre più come un grande magistrato, che insieme ai colleghi e amici Rocco Chinnici, Antonino Caponnetto e Paolo Borsellino venne riconosciuto come uno tra i più grandi, prestigiosi, intuitivi e determinati protagonisti della lotta alla mafia di tutti i tempi, a livello nazionale ed internazionale.
Ma nonostante questo, in vita fù paradossalmente anche aspramente criticato ed isolato da molti stessi ambienti delle Istituzioni di Stato, di fatto delegittimandolo e prefigurando la sua fine.

Da uomo positivo e fiducioso, mi piace ricordare questa sua frase: “…gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.” Questa mia opera a carboncino è in suo omaggio e memoria.
Bruno Pollacci
Direttore dell’Accademia d’Arte di Pisa